La famiglia Mendoza y Alarcòn è stata una delle più illustri, antiche, nobili famiglie di Spagna, tra le più influenti del Regno di Napoli, con possedimenti in Calabria Citra e Abruzzo Ultra.

Fin dai primi decenni del ‘500, come premio dell’imperatore Carlo V a Ferdinando d’Alarcòn per essere riuscito a prendere prigioniero il re di Francia Francesco I, la famiglia deteneva il marchesato della Valle Siciliana, ovvero l'alta valle del fiume Vomano che va dalle pendici del Gran Sasso alla media e bassa collina del teramano e il cui nome deriva probabilmente da quello della Via Caecilia.

Nel 1623, l’allora marchese Ferdinando Francesco de Mendoza y Alarcòn assegnò ad Alvaro, figlio cadetto destinato alla carriera ecclesiastica, la titolarità dei beni ecclesiastici della Valle Siciliana. Don Alvaro si trasferì così da Napoli e risiedette stabilmente a Tossicia per sedici anni, gestendo le attività economiche del marchesato.

Il 6 aprile 1639, Don Alvaro acquistò i feudi di Sant’Omero e Poggio Morello per la somma di 24.000 ducati da Francesco Filomarino, trasferì la propria residenza a Sant’Omero e le sue attività economiche in Val Vibrata e Val Salinello. Mediante una oculata amministrazione del patrimonio, riuscì a conservare ed accrescere il suo possesso attraverso l’acquisto del feudo di Canzano nel 1651 e di altre proprietà di natura non feudale come masserie, mulini e terreni nell’intera Val Vibrata.

“Uomo energico, severo, tradizionalista, dinamico ed intraprendente nel campo economico, Don Alvaro de Mendoza y Alarcòn si rivelò spesso generoso e sensibile nei confronti dei problemi più umanamente toccanti”.

ANTONIO IAMPIERI, “Il Monte dei Maritaggi di Sant’Omero

Tra Don Alvaro e i santomeresi vi era un “legame di affetto e comprensione al di sopra dei vincoli e delle consuetudini feudali”, come si evince dal suo testamento e dalla sua volontà di essere seppellito a Sant’Omero presso l’ex Chiesa dell’Annunziata (chiesa marchesale). E così avvenne dopo la sua morte a Città Sant’Angelo nel 1675.

Palazzo Mendoza

Don Alvaro de Mendoza y Alarcòn visse stabilmente a Sant’Omero dal 1639 al 1675 e a partire dal 1649 in questo palazzo, i cui confini erano “davanti e da un lato le vie pubbliche, dietro le mura attenimina e dall’altro lato la casa degli eredi di Ortenzio Cascioli ed altri confini”.

Al piano terra, i documenti ufficiali parlano di un locale occupato da una apoteca aromataria, ossia una farmacia, “spesso scelta come luogo di stipula di atti di compravendita di immobili o di acquisizione di censi da parte di Don Alvaro”.

L’abate “amò circondarsi di lusso, di agi, di ogni manifestazione esteriore di benessere”, come testimonia un’attestazione in cui Don Alvaro dovette elencare tutto ciò gli era stato sottratto in un furto nel 1668.

Il 24 marzo 1673, numerosi briganti assalirono il palazzo aprendo una breccia nelle mura del giardino, Don Alvaro fu preso in ostaggio e portato via nelle vicine montagne. Per la liberazione intervenne direttamente il duca d’Atri, ma il rilascio dell’abate andò per le lunghe. La liberazione di Don Alvaro avvenne durante l’estate. “Restituito felicemente ai familiari e alla cittadinanza di Sant’Omero, Don Alvaro fu testimone anche delle prime, inevitabili ritorsioni. Il 31 luglio 1673, le teste di due banditi, ritenuti complici del sequestro, futuro collocate proprio in quel punto delle mura del palazzo da dove essi, alcuni mesi prima, erano penetrati nel giardino”.

Il palazzo, tutt’ora chiamato palazzo marchesale dai santomeresi, ha una “facciata arieggiante il Rinascimento” con una loggetta medioevale. Nel ‘900 è appartenuto alla famiglia Scaramazza. Recenti interventi di restauro hanno molto alterato le linee architettoniche originarie.

Monte dei Maritaggi

Don Alvaro de Mendoza y Alarcòn, nel suo testamento redatto il 6 aprile 1671, stabilì la fondazione di un Monte dei maritaggi in Sant’Omero disponendo, con un legato di quattromila ducati, l’istituzione di un fondo patrimoniale per l’elargizione della dote alle fanciulle povere sue vassalle.

Tali norme stabilivano tempi e modi per la “compilazione delle liste delle fanciulle idonee al sorteggio”, le modalità del sorteggio, i beni che avrebbero dovuto formare la dote, il pagamento della dote e l’individuazione delle “persone alle quali affidare l’amministrazione e la gestione dei beni del Monte”.

Alla base dell’istituzione di un Monte dei maritaggi, “vi furono innegabili motivazioni di carattere religioso e, di riflesso, umano e sociale” in una fase storica che registrava gravi difficoltà sociali nella popolazione del Regno.

Il Monte dei maritaggi di Sant’Omero, Poggio Morello e Canzano ha posto antiche basi per le opere di assistenza e di beneficenza nei confronti delle persone più povere e diseredate. È stato infatti il Monte dotato di maggiori disponibilità economiche in Abruzzo Ultra 1° e anche il più longevo, perseguendo, attraverso alterne vicende, i fini per i quali era stato costituito fino agli inizi del '900.

Informazioni e immagini tratte dai libri “I Monti di Maritaggio”, “Il Monte dei Maritaggi di Sant’Omero” e “Testamento di Alvaro de Mendozza y Alarcon” di Antonio Iampieri